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1 gennaio 2019: il BIM è obbligatorio (in alcuni) appalti pubblici, siamo pronti? le riflessioni di Ciribini

L'articolo di fine 2018 di Angelo Ciribini alla vigilia dell'entrata in vigore del DM sul BIM

A Ritmo di BIM: la Progettualità e gli Strumenti Operativi del Committente Digitale (Pubblico)

Nel momento in cui si ipotizza, in modo piuttosto improvviso, suscitando reazioni molto controverse (tanto da parte delle amministrazioni centrali dello Stato quanto delle rappresentanze professionali), l’istituzione di una Centrale o, più recentemente, Struttura di progettazione per le opere pubbliche, che evoca una trascorsa stagione statalista di esperienze fondamentali, ma troppo prematuramente accantonate, sarebbe piuttosto consigliabile ricordare che, più che della Progettazione, ci si dovrebbe preoccupare delle capacità delle Amministrazioni Pubbliche in materia di Gestione dei Lavori e delle Opere Pubbliche, come testimoniato dagli investimenti stanziati, ma non attuati.

La presente nota propone di utilizzare la locuzione «progettualità» per la Committenza Pubblica per indicare che la Amministrazione Pubblica possa esercitare una funzione progettuale senza essere attiva nella progettazione tradizionalmente intesa, attraverso le proprie capacità computazionali di istruttoria e di verifica (di conseguenza, di regolazione e di governo) dei processi.

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Angelo Luigi Camillo Ciribini, DICATAM, Università degli Studi di Brescia e CCLM

Criticare il Codice degli Appalti senza discuterne è stato un errore

In definitiva, la critica tanto pregiudiziale quanto sommaria al Codice dei Contratti Pubblici ha impedito di discuterne seriamente i punti deboli, trascurando, soprattutto, la grande questione della cultura gestionale delle Amministrazioni Pubbliche, che si riflette nella capacità delle posizioni apicali di assumere responsabilità specifiche al limite della discrezionalità.

Esiste, però, un provvedimento legislativo, relativo alla Digitalizzazione della Domanda Pubblica che potrebbe contribuire grandemente alla riqualificazione del mercato domestico nella sua interezza, non solo per l’ambito diretto di applicazione, bensì pure per la Domanda Privata e per lo Sviluppo Immobiliare.

1 Gennaio 2019: entra in vigore il DM 560/2017, il DECRETO BIM

Con l’entrata in vigore, il 1 Gennaio 2019, del primo scaglione di provvedimenti inerenti ai procedimenti relativi agli appalti e alle concessioni previsti dal DM 560/2017, si rende, infatti, necessario entrare nel merito degli strumenti operativi a disposizione della Domanda Pubblica per la Digitalizzazione.

Tali dispositivi, in una forma, in parte, da rivisitare, sono principalmente l’Ambiente di Condivisione dei Dati e il Capitolato Informativo.

Naturalmente, a dispetto delle apparenze, il decreto ministeriale si impernia sui processi digitali della Committenza piuttosto che non su altro, ma sono proprio gli strumenti, per cui è prevista una pianificazione pluriennale degli investimenti, a dover riflettere la metodologia.

Per Committente Digitale si intende, peraltro, una Struttura di Committenza in grado di formulare computazionalmente istruttorie, di configurare numericamente relazioni spaziali e modelli comportamentali, di effettuare controlli e verifiche, nonché di esercitare una azione di intelligenza e di governo dei processi entro un ecosistema digitale, pure con l’ausilio di algoritmi predittivi.

Ciò che pone seri interrogativi, a questo proposito, non è tanto la progressività degli obblighi quanto il quadro di supporto alle risorse umane e le azioni di ricambio dell’organico che consenta alle stazioni appaltanti e alle amministrazioni concedenti di interiorizzare una autentica cultura digitale di chi sono in grande parte prive: numerica, computazionale.

Nella sostanza, le necessità dei Committenti Digitali vertono principalmente, come accennato, sulle proprie funzioni di indirizzo e di controllo, ma pure sulla capacità di indurre le controparti a specifici comportamenti in merito al trattamento dei dati.

La Committenza Digitale ha per oggetto delle proprie negoziazioni contrattuali la realizzazione di interventi sui sedimi e sui cespiti di natura tangibile che siano accompagnati da «gemelli digitali», vale a dire, da modelli simulativi dell’andamento dei livelli prestazionali dei beni immobiliari e infrastrutturali aggiornati in tempo reale e affiancati da modelli simulativi delle modalità comportamentali, quindi dei modi di fruizione da parte dell’utenza.

I cespiti, disponibili (per la valorizzazione e per l’alienazione) e indisponibili (per la produttività), saranno, d’altronde, in futuro sempre più interconnessi (sensorizzati e collegati).

Tutte le transazioni informative avvenute all’interno dell’ecosistema digitale dovranno, poi, riflettere specifiche razionalità giuridiche contenute in appositi quadri contrattuali che consentiranno diverse gradualità di condivisione e di trasparenza dei dati sensibili tra le controparti.

L'importanza del CDE, l'Ambiente di Condivisione dei Dati

Se, infatti, il Capitolato Informativo, nella accezione qui descritta, rappresenta il dispositivo di regolazione contrattuale, l’Ambiente di Condivisione dei Dati ne costituisce il meccanismo abilitante.

In altre parole, il primo elemento determina le regole di comportamento, mentre il secondo ne ospita le conseguenti azioni.

Non per nulla, la cultura digitale di una Committenza in grado di «andare oltre il BIM» risiede nella possibilità di forzare le controparti a muoversi preferibilmente in un ambito numerico in cui i dati siano relazionabili tra loro e, di conseguenza, meglio sfruttabili.

Come si può agevolmente constatare, si tratta di una definizione che nulla ha a che fare con processi in cui una Committenza (sostanzialmente) Analogica, o almeno solo nominalmente Digitalizzata, si limita blandamente, o almeno formalmente, a redigere un Capitolato Informativo che permetta alla controparte di fornire tendenzialmente meri modelli informativi tesi a ottenere elaborati documentali, per lo più grafici, senza particolare capacità di strutturazione di dati e di informazioni a livello computazionale.

Per quelle Committenze, in effetti, si tratta di stabilire le identità dei responsabili di funzione, di determinare le coordinate di riferimento, di concordare alcune tempistiche di consegna e i passaggi più elementari di scambio informativo, di trovarsi nella possibilità di consultare i modelli informativi (ad esempio, in termini di dimensione degli information container), ma non certo di svolgere ruoli attivi al meglio delle possibilità.

Una delle assunzioni determinanti per chi commissiona progetti attraverso modelli informativi è, infatti, data dalla capacità di formulare gli obiettivi specifici della modellazione informativa.

Il che, tuttavia, implica il fatto che le controparti conseguano una continuità tra ambienti di calcolo (o, comunque, disciplinarmente esecutivi) e ambienti di modellazione.

I Requisiti Informativi, in effetti, traggono la loro validità dalla possibilità che percolino capillarmente lungo la catena di fornitura.

Se si verificassero soluzioni di continuità, la loro efficacia verrebbe meno.

Per le Committenze Pubbliche, alla fine, purtroppo, tutte le transazioni si verificano, ex lege, sulla base di documenti la cui origine non sempre scaturisce dai modelli informativi (in molti casi, dalla relazione testuale al calcolo numerico, non può né vuole esserlo appieno) e per cui l’evoluzione dei modelli è spesso sincopata, basandosi su una interazione difficile con information container tradizionali (ad esempio, nei formati .dwg, .xlsxs e .docx).

Dalla Centralità del Documento alla Centralità del Dato

In altri termini, a fronte di una legislazione che conferma la «centralità del documento» (esemplare sono i livelli di progettazione articolati per elaborati) la Domanda Pubblica inizia a cercare di introdurre la «centralità del dato», vale a dire non solo trasferire i documenti in formato digitale, ma anche gestire il dato numerico estratto da information container eterogenei.

L’insufficienza attuale degli strumenti operativi della Committenza Pubblica è, perciò, un fatto assai preoccupante, poiché permette di diffondere una accezione parziale della Digitalizzazione, suscitando anche eccessive aspettative, disattese in concreto.

Tale carenza è, è stato poc’anzi anticipato, accentuata da un quadro legislativo che è tuttora imperniato sui documenti, di per se stessi non infrequentemente incoerenti (dato che i modelli informativi includono solo una parte delle informazioni e spesso neppure tutte quelle possibili), anziché vertere sui dati.

In definitiva, tuttavia, la sensazione prevalente è che la mentalità, per così dire, «analogica» della Domanda e dell'Offerta, sia solo ammantata di «polvere digitale». Tutto ciò, però, riflette non solo una cultura digitale embrionale, ma coincide con una concezione del prodotto immobiliare e infrastrutturale sempre più inattuale, desueta.

Si tratta di riconoscere che tecnologie relativamente innovative abbiano abilitato istanze antiche, mai concretatesi: il problema, però, è che non si è in presenza di un puro efficientamento perché ciò corrisponde a un passaggio epocale recente per cui cambia la natura del bene da commissionare, da ideare, da realizzare, da manutenere, da fruire, da gestire.

Per questa ragione, immaginare che la cosiddetta ripresa del settore possa passare attraverso i «luoghi» tradizionali del mercato, con questa Domanda e con questa Offerta, appare poco credibile, oltre che poco creduta, in primo luogo, dalle istituzioni finanziarie che ne percepiscono l'eccessiva rischiosità.

Di questi argomenti si occupano attivamente sia l’eLux Lab dell’Università degli Studi di Brescia sia il Centre for Construction Law and Management, fondato dall’Università degli Studi di Milano, dall’Università degli Studi di Brescia e dal Politecnico di Milano.

Come guardare, allora, agli strumenti operativi?

L’Ambiente di Condivisione dei Dati, il primo degli strumenti, è, infatti, l’ecosistema digitale entro cui il procedimento (e i suoi endo-procedimenti) dovrebbero svolgersi ed essere monitorati, mentre il Capitolato Informativo è il dispositivo di attuazione delle attività di istruttoria e di controllo dei flussi informativi e decisionali con riferimento alle fasi di progettazione, di esecuzione e di manutenzione, fruizione e gestione.

Come, rispetto allo stato attuale, tali strumenti dovrebbero evolversi per divenire realmente operativi nella fattispecie delineata?

Per quanto riguarda l’Ambiente di Condivisione dei Dati, esso si prospetta come «luogo» in cui il Committente possa regolare ogni transazione che lo riguarda grazie a metriche computazionali rigorose.

Naturalmente, tale «luogo», specie se gestito in cloud, richiede particolare attenzione alla cyber security.

La stessa procedura competitiva tesa alla aggiudicazione delle gare e alla stipula, oltre che all’esecuzione, dei contratti dovrebbe essere ospitata in esso, creandosi una interazione o una incorporazione tra l’Ambiente di Condivisione dei Dati e la piattaforma di e-Procurement.

Se, in futuro, si guardasse agli Smart Contract, agli Smart Construction Object e al Blockchained Payment, tutto ciò apparirebbe ancora più necessario, poiché, in questa circostanza, la variabile numerica appare preponderante in tema di automatismi.

Di fatto, l’Ambiente di Condivisione dei Dati, oltre a evolversi da semplice dispositivo di gestione documentale di information container, come è attualmente, a gestore di linked data, costituisce l’ecosistema digitale che supporta, talora persino auto-organizza, i processi decisionali.

Occorre soffermarsi su questo aspetto, poiché non si tratta più solo di passare da un sistema di gestione dei documenti a uno di gestione dei dati, bensì a un dispositivo di sfruttamento dei medesimi, nel senso persino della parziale autonomazione.

È l’Ambiente di Condivisione dei Dati che, apprendendo in continuazione dagli operatori che ospita, tende successivamente a supportarne le scelte: a indirizzarle o a condizionarle?

Appare, dunque, rilevante per l’Amministrazione Pubblica dotarsi di un CDE Manager, in prospettiva destinato a essere un Data Scientist, oltre che di un BIM Manager e di alcuni BIM Coordinator, colle caratteristiche previste nella norma UNI 11337-7.

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UNI 11337-7:2018 Edilizia e opere di ingegneria civile - Gestione digitale dei processi informativi delle costruzioni - Parte 7: Requisiti di conoscenza, abilità e competenza delle figure coinvolte nella gestione e nella modellazione informativa

CDE Manager e BIM Manager: due ruoli distinti e importanti

Sarà, infatti, il BIM Manager della Committenza Pubblica a impostare la digitalizzazione dei processi della stazione appaltante/amministrazione concedente, inclusa la struttura del Capitolato Informativo, lasciando ai BIM Coordinator la gestione in materia nelle procedure di aggiudicazione e nell’esecuzione dei contratti, ma sarà il CDE Manager (Data Scientist) a sovrintendere alla Intelligence dei procedimenti.

La posta in gioco riguarda le metriche utilizzabili per misurare lo stato di avanzamento dell’oggetto del contratto (di progettazione, di realizzazione, di manutenzione, di fruizione, di gestione), ma essa non riguarda solo i Level of Development, Detail, Information (LOD & LOI), bensì pure le relazioni tra gli attori.

Per questa ragione, il BIM Manager esercita un ruolo diretto, coadiuvato dai BIM Coordinator, ma è la funzione indiretta, assai meno visibile, del CDE Manager quella destinata ad assumere il peso maggiore.

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I registi del BIM trattati dalla norma UNI 11337-7: CDE manager, BIM manager, BIM coordinator

D’altra parte, in tema di LOD, la recente acquisizione, in sede normativa sovranazionale (CEN) dei Level of Information Need (LOIN) dimostra come la aggregazione dei dati in informazioni entro l’Ambiente di Condivisione dei Dati (non solo all’interno dei modelli informativi) debba essere sempre finalizzata a obiettivi specifici, passaggio che, come detto, rappresenta un formidabile momento di riscontro.

Tale relativismo delle finalità e delle corrispondenti metriche di sviluppo dei modelli informativi restituisce, infatti, la natura proattiva della Committenza Digitale, che acquista strutture di dati allorché commissiona progetti e interventi inerenti a beni fisici.

Allo stesso modo, il «gemello digitale» dei beni immobiliari e infrastrutturali, più che riferirsi agli «oggetti» costitutivi del medesimi, ne restituisce, appunto, le modalità di funzionamento.

Per la Amministrazione Pubblica potrebbe, inoltre, darsi un Ambiente relativo al singolo procedimento oppure inerente al programma pluriennale degli investimenti pubblici che abbiano a che fare col Codice dei Contratti.

Si tratta, comunque, di istituire una piattaforma digitale che, oltre a permettere anche, come detto, la gestione della procedura competitiva e l’esecuzione del contratto, sia collegata ai sistemi informativi dedicati agli endo-procedimenti.

Il Capitolato informativo

Per quanto attiene al Capitolato Informativo esso, anzitutto, dovrebbe arricchirsi dell’introduzione del Brief (ovvero del Documento Preliminare alla Progettazione o Documento di Indirizzo Preliminare), poiché non è più possibile separare, dal punto di vista della Committenza, la formulazione dei Requisiti Informativi dalla configurazione delle Richieste Prestazionali: come suggerirà la futura norma UNI 11337-8, non è più ammissibile, in effetti, trattare separatamente l’«informazione» dalla «decisione».

Ciò significa, anzitutto, che le richieste relative ai contenuti informativi debbano, anzitutto, essere espresse in termini computazionali dando origine a strutture e a modelli di dati in forma strettamente, dunque, computazionale.

Il che vuol dire che Capitolato Informativo e Documento di Indirizzo Preliminare dovranno ricadere entro il Piano di Gestione del Procedimento.

La conseguenza di ciò è evidentemente che il Committente deve manifestare una propria progettualità che deriva da una padronanza analitica dei contenuti di ciò che commissiona, tanto dal punto di vista spaziale quanto funzionale.

Le richieste che riguardano la configurazione delle informazioni a partire dalla gestione dei dati devono, quindi, per forza, introiettare domande sui contenuti delle decisioni.

L’autentico Committente Digitale deve, dunque, porre, come parzialmente previsto dal decreto ministeriale, diversi presupposti: il «gemello digitale» del cespite o dei luoghi nelle condizioni precedenti alla progettazione; le simulazioni combinatoriali delle unità spaziali oggetti della concezione; le simulazioni interattive dei comportamenti attesi dei fruitori potenziali.

In pratica, tale Committenza dovrà aver elaborato, oltre a una adeguata conoscenza geo-spaziale (GIS/BIM) dei luoghi e dei cespiti oggetto dei procedimenti, soluzioni definite probabilisticamente come ottimali delle relazioni tra le unità spaziali funzionali considerate per l’edificio o per l’infrastruttura, nonché combinatorie ottimizzate di flussi individuali di persone e di dispositivi che fruiranno tali unità funzionali e spaziali.

È esattamente ciò che prevede la normativa UNI EN ISO 19650 allorché contempla gli Asset e gli Organization Information Requirements (rispettivamente AIR e OIR) al fine di predisporre gli Exchange Information Requirements (EIR).

Il riferimento normativo, che sarà recepito anche nelle norme della serie UNI 11337, fa intravedere un importante lavoro preparatorio a carico della stazione appaltante o della amministrazione concedente, liquidando una volta per tutte la idea curiosa che il «BIM» si debba «pretendere» dalle controparti.

Si può, pertanto, immaginare che il Capitolato Informativo si traduca operativamente in un Configuratore che si avvia a partire da repertori di legami tra unità funzionali connotanti, flussi dinamici di persone e apparati tecnologici che, combinati probabilisticamente, «generino» spazi fruibili determinati da elementi costruttivi e impiantistici: in considerazioni dei vincoli dovuti alle pre-esistenze.

Una ibridazione degli attuali applicativi di Space Programming, Crowd Simulation, Game Engined Simulation, Visual Programming, Code & Model Checking, Data Visual Analytics, potrebbe forse costituirne l’embrione.

Il che ben spiega come il «progetto del Committente» sia una azione tesa a ideare nel ciclo di vita del cespite i contenuti dei servizi da erogare: per questa ragione, la stessa identità del Committente, da soggetto che commissiona principalmente beni immobili (e mobili) tangibili, si trasforma poiché esso diviene attore attivo della concezione delle attività.

Tutto questo naturalmente si associa alla specificazione computazionale dei criteri di verifica dei contenuti dei modelli informativi federati (o aggregati) e disciplinari.


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Il nuovo ponte di Renzo Piano sul Polcevera, verrà fatto in BIM ?

D’altronde, il frequente ricorso al Building Management System non fa che sostenere una simile ipotesi.

Tale aspetto si ricollega alla necessità di strutturare l’Ambiente di Condivisione dei Dati così da istradare direttamente le transazioni informative rispetto alle strutture di articolazione delle responsabilità (Breakdown Structure e Responsibility Matrix), oltre che impostare, coerentemente, i Delivery Plan: delle informazioni e delle decisioni.

Ciò comporta il fatto che tutte le attività svolte all’interno del procedimento (ad esempio, la produzione di un dato, la sua archiviazione, il suo reperimento) possano avvenire solo entro work flow abilitanti gli attori precedentemente allocati e identificati presso le Strutture di Scomposizione e le Matrici di Responsabilità.

La presenza delle regole di controllo si interseca anche con altri aspetti cruciali dell’Ambiente di Condivisione dei Dati, quali la gestione dei processi autorizzativi, con particolare attenzione alle procedure espropriative e alla conferenza di servizi, nonché la verifica dei progetti ai fini della validazione.

CDE: non solo Interoperabilità

Più che focalizzarsi sulla nozione classica di interoperabilità, uno scopo precipuo dell’Ambiente di Condivisione dei Dati sarà quello dell’assicurazione della continuità tra Sistemi Informativi inerenti agli Endo-Procedimenti, Ambienti di Modellazione Informativo e di Calcolo Numerico, agendo, prima ancora che sui protocolli di scambio, sui criteri di conversione dei punti di vista.

Se ci si pensa bene, dopotutto, la identificazione dei conflitti tra entità presenti nei modelli informativi ha quale primo scopo di evitare le incoerenze tra gli elaborati grafici, ma chi si occupa della verifica dei progetti è consapevole che le criticità nelle interfacce riguardino più i soggetti che non gli oggetti.

Se, ovviamente, lo scenario investe tutte le fasi e ogni attore, è chiaro, altresì che questa metodologia investa, in primo luogo, i fornitori di servizi di progettazione.

Per essi il contesto descritto pone notevoli problemi, in quanto Committenze così predisposte risulterebbero impegnative, dovendo instaurare con essi una dialettica forte.

La presenza di richieste di natura comportamentale dovrebbe indurre i Progettisti a sviluppare maggiormente una concezione della progettazione più incentrata sugli utenti, nel senso di saper dimostrare attraverso simulazioni che le intenzioni progettuali siano «realmente» validate: per via «virtuale».

Del resto, la centralità della fruizione, il porre l’utente come vertice delle intenzioni progettuali, non risponde a istanze vagamente idealistiche, bensì a esigenze produttivistiche, di cui gli spazi di lavoro sono emblematici.

Naturalmente, questo tipo di Committente solleva una questione irta di significati, situandosi tra tecnocrazia e umanesimo.

Per gli architetti, in particolare, il tema è spesso stato quello di educare i clienti oppure di poterne trascurare le esigenze, con risultati spesso positivi, ma, talvolta, in maniera sia pure inconfessata, tale da produrre esiti molto negativi giusto sui temi sbandierati come caratterizzanti.

Sovente si richiede ai progettisti di tenere in maggiore conto le logiche costruttive e, nel caso della industrializzazione, produttive, di integrarsi, perciò, in un processo collaborativo, assumendosi parte delle responsabilità che competerebbero altrimenti a esecutori e a gestori.

Il vecchio réfrain secondo cui l’architetto/a, una volta consegnato il progetto, o almeno ultimata l’opera, se ne deve allontanare non funziona evidentemente più.

Anzi, proprio in virtù dell’aver corrisposto agli AIR e agli OIR, egli/ella dovrà sentirsi del tutto coinvolto nel ciclo di vita.

Ancora una volta, la gestione delle informazioni, titolo delle norme UNI EN ISO 19650, chiama gli attori a ripensare le proprie identità e le proprie responsabilità.

L’Ambiente di Condivisione dei Dati e il Capitolato Informativo, anche in presenza di formule come l’appalto di sola esecuzione, che non contempla le ragioni del ciclo di vita e che accentua la distinzione dei ruoli, dovrebbero, infatti, fungere da elementi di un sistema integratore.

Questa ultima precisazione che riguarda la verifica dei progetti finalizzata a validarli rimanda a due possibilità inedite, attuative dei disposti di legge e rimanda alle strategie più ampie di Digitalizzazione della Amministrazione Pubblica, i cui elementi più eclatanti sono quelli inerenti alla cittadinanza digitale.

La prima possibilità concerne il monitoraggio della progettazione intesa come Business Intelligence, che si concreta nel ricorso a strumenti di Data Analytics che mostrano in tempo reale gli atteggiamenti e le criticità poste in essere dai fornitori dei servizi della progettazione attraverso la disamina dell’evoluzione della produzione dei modelli informativi.

È ovvio che, nel medio periodo, le serie storiche accumulate da uno o, meglio, più Committenze, consenta di utilizzare algoritmi predittivi capaci di prevenire conflitti e non conformità.

Più in generale, è palese che la nozione di «creatività» muti natura, essendo condivisa tra Committenza e Progettisti, e che, anche nell’ambito di competenza di quest’ultimi, la «produzione» dei dati e delle informazioni e affiancata dalla «rappresentazione» delle analitiche che ne consentono l’interpretazione.

È interessante notare come lo stesso approccio, adottato dai progettisti, si rifletta per essi nella automazione di processi ideativi secondari, poiché il querying e il reasoning assumono grande rilievo.

La possibilità, poi, in ambienti immersivi, di effettuare Virtual Pre-Occupancy Evaluation restituisce piena valenza alla nozione di «validazione», poiché sottopone il giudizio di idoneità a un campione rappresentativo dei futuri utenti.

Come si osserva, perciò, anche una Struttura di Committenza che non eserciti alcuna azione progettuale diretta è, tuttavia, tenuta ad agire propositivamente in termini di istruttoria e di controllo, laddove, peraltro, l’istruttoria acquisisce una valenza creativa e progettuale.

Il formulare richieste ai fornitori in materia di produzione e di trasformazione dei dati, inizialmente inteso passivamente con un Capitolato Informativo prescrittivi e attraverso un Ambiente di Condivisione dei Dati passivo, si trasforma nel suo opposto.

Si osservino attentamente le ricadute implicite di questo approccio che, anche nel caso dell’appalto di sola esecuzione, impone sempre non solo l’orizzonte del ciclo di vita in materia di livelli prestazionali attesi del bene immobiliare o infrastrutturale, ma pure la progettualità relativa alle attività che vi si svolgono: Built Asset as a Service.

La conclusione di questo ragionamento impone un interrogativo: quanto tempo occorrerà per disporre di una simile Committenza Digitale?

O meglio: l’adozione formale degli obblighi previsti dal decreto ministeriale sarà sufficiente a permettere ciò di cui si discorre?

Si tratta di un quesito del tutto aperto sia in sede comunitaria/europea (EU BIM TG) quanto in sedi nazionali (dal Plan BIM 2022 al BIM-Kompetenzzentrum, dal Centre for Digital Built Britain alla Comisión Interministerial para la incorporación de la metodología BIM en la contratación pública).

Esiste già, in qualche luogo, nel Nostro Continente o altrove, un Committente Digitale nei termini ipotizzati in questo scritto?

Col 1 Gennaio 2019, anziché completarsi una vicenda iniziata colla Direttiva Comunitaria sul Public Procurement (EUPPD), prende avvio una scommessa straordinaria, in grado di stravolgere l’intero settore.

Quello italiano, dunque, è un laboratorio inedito per l’Area Economica Europea: sempreché deroghe e soppressioni non lo distruggano in men che non si dica.

Naturalmente, il ritornello che si udrà presto sosterrà che l’Amministrazione Pubblica non è pronta: né mai, nella sua generalità, vorrà divenirlo.


 

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